giovedì 24 ottobre 2013

CAVAION - EUGENIO TURRI NEMO PROPHETA IN PATRIA


NEMO PROPHETA IN PATRIA
EUGENIO TURRI


39 anni fa, era il 1973, Eugenio Turri denunciava, sul giornalino La Voce del Paese, i mali di Cavaion, a livello urbanistico e territoriale, e ne preconizzava, se così si può dire, la triste fine.

Ora, l’Amministrazione, con parecchi anni di ritardo rispetto a quando ne aveva dato il preannuncio, intitolerà all’illustre cittadino la Sala Civica di Cavaion Veronese.

Facile immaginare che cosa ne penserà il defunto, inascoltato Eugenio Turri, che all’epoca lodava il giornalino, recentemente risorto.
Chissà se oggi, per non urtare la sensibilità di chi è al potere, tale articolo verrebbe pubblicato.

Non ho conosciuto Eugenio Turri, ma nutro una grande stima ed affetto nei suoi confronti.

Adriana Bozzetto – una extra comunitaria


EUGENIO  TURRI

CONOSCERE IL PROPRIO PAESE
(prima puntata)


Fino a non  molti anni fa la vista di Cavaion poteva costituire una felice sorpresa. Il paese, con le sue case addossate al versante del colle San Michele, aveva una sua tipica grazia veneta e una sua luce mediterranea, entro un paesaggio dolcissimo di campi e vigneti. Piaceva perché ridente ed aperto verso Sud, disteso sopra le morbide ondulazioni della campagna tra l’Adige e il lago di Garda. Ed era un paese composto, con le sue case sparse tra gli orti, con i vigneti, i vecchi alberi e i boschetti intorno alle dimore signorili, con le piccole strade in salita fiancheggiate da muri orlati di seregni; e aveva quella atmosfera secolare, silente, tutta pervasa dal sentore della campagna. Un paese antico, con una sua storia, una sua topografia e un suo paesaggio inconfondibile.

Oggi, però, il paese è molto cambiato, ha perduto gran parte dei suoi connotati d’un tempo, la sua dolcezza agreste, la sua grazia di piccolo silenzioso paese.
Illudersi che il passato possa restare imprigionato nel presente è ingenuo, ed anche Cavaion non può e non deve sottrarsi alle grandi trasformazioni che stanno ovunque cambiando modi di vita e paesaggio, eliminando le eredità più tristi del passato, la miseria, l’arretratezza, le bieche chiusure. Ma le trasformazioni non devono essere casuali e incontrollate, non devono togliere personalità al paese.
Ogni paese ha propri valori che, come beni preziosi, vanno custoditi, salvaguardati. In essi la gente deve riconoscersi. Oggi si parla tanto di questi problemi: civiltà da difendere, società da salvare dalla degradazione del senso civile e comunitario del vivere. Sono i problemi più scottanti, più attuali. Essi però non si risolvono con le decisioni di pochi, di quelli che hanno le leve del potere; o perché politicamente influenti o perché economicamente capaci di iniziative; la gente non deve passivamente subire le decisioni di questi, deve farsi voce viva di ogni evoluzione. In questo senso un giornaletto come “La Voce del Paese” è quanto di più civile e giusto si possa fare, con mezzi modesti e tanta buona volontà da parte dei pochi che lo tengono in vita, per dare una dimensione civile e sociale alla vita di Cavaion, purché, naturalmente, il giornaletto si faccia palestra per il dialogo, per lo scambio di opinioni, secondo costumi civili e democratici.
Ogni abitante di Cavaion dovrebbe essere lieto di questo piccolo foglio e dovrebbe in qualche modo partecipare alla discussione, sfogare se del caso il proprio malcontento, plaudire se del caso alle decisioni giuste: questo è il senso sociale del vivere, la giusta dimensione della vita di paese.
Sino ad oggi Cavaion è cresciuto male e si avverte imminente la fine di Cavaion come paese con una sua vita peculiare. Tra pochi anni esso potrà diventare un paese anonimo, senza più grazia, guastato dall’edificazione più abnorme e squallida, territorialmente abbruttito dalla mancanza di una volontà coordinatrice e appassionata dei suoi abitanti. Non si vuole far qui dei processi, ma riteniamo che sia giusto suscitare un certo disincanto, aprire gli occhi civilmente alla gente. Il paese sta decidendo in questi anni il suo futuro: ne potrà risultare la felicità o meno di chi ci vive, la serenità dei nostri figli. Mi pare che di questo i responsabili del paese non ne tengano minimamente conto.

Le trasformazioni avvengono casualmente secondo interessi di pochi che poco guardano al bene della collettività. Ad esempio, esiste un piano regolatore dovuto ad un valente architetto-urbanista, che come tutti i piani studiati a tavolino potrà avere parecchi difetti, ma che certamente può costituire la base di ogni ulteriore sviluppo del paese. Ora, perché questo piano resta chiuso nei cassetti del Comune? Perché non lo si espone pubblicamente e non si invita la gente a discutere, a esprimere il proprio parere? E’ evidente che ci sono in gioco interessi particolari, come del resto succede in tutti o quasi paesi italiani.

Il paese che deve nascere deve recare l’impronta non di pochi (speculatori o arbitri della vita del paese), ma deve nascere dalla volontà di tutti. Il paese in quanto tale è una comunità spontanea, che nasce da interessi comuni. Sino ad oggi ha prevalso l’interesse del singolo. Questo è anche cristianamente da condannare.

domenica 13 ottobre 2013

#ArtForFredoom #SecreProjectRevolution

Questa sarà la rivoluzione del pensare con la tua testa, dell'avere la tua personale opinione senza preoccuparti di ciò che dice la gente.

Questa sarà la rivoluzione del non cercare più l'approvazione degli altri,del non doverti giustificare con nessuno per essere chi sei, una persona rara unica e fiera. 


Questo filmato è dedicato a coloro che sono stati perseguitati, sono tuttora perseguitati 
o potrebbero essere perseguitati
Per il colore della loro pelle, per le proprie credenze religiose, per 
la propria espressione artistica, per il loro sesso o per il proprio orientamento sessuale.
A tutti coloro che i diritti umani sono stati violati.


Cosa significa libertà per te? 
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