"Vive le Roi Soleil de Cavaion!"
IN MEMORIA DI UN KAKI
Il Kaki è un albero da frutto originario della Cina e sembra essere fra i più antichi coltivati dall’uomo, da oltre 2000 anni.
Passa del tutto inosservato nella stagione che segna il risveglio della natura ed in quella che ad essa succede, l’estate. Ma appena arriva l’autunno ecco che le sue foglie a poco a poco trasformano il loro verde scuro in una meravigliosa varietà di sfumature che vanno dal marrone e arrivano al giallo brillante passando per un arancione che ricorda il sole al tramonto.
Non appena la fulva chioma del kaki comincia a diradarsi e le foglie, cadendo ai suoi piedi, formano un soffice tappeto, fanno capolino i frutti: gialle sfere abbarbicate ai rami che ne saranno l’unico e meraviglioso ornamento quando saranno completamente spogli. Solo un albero dell’estremo oriente può raggiungere tanta bellezza come risultato di una sottrazione, offrendoci frutti dal sapore delicato, gli unici a maturare in inverno, naturalmente dalle nostre parti.
E’ un albero fortemente presente nella cultura contadina, assieme al fico. Presente nei giardini, negli orti di un tempo. I suoi frutti non si compravano, semplicemente si coglievano o si ricevevano in regalo, come del resto i fichi.
A Cavaion ne esistono alcuni esemplari. Mi aveva colpito in modo particolare quello ben curato e sicuramente non giovanissimo, che si ergeva maestoso al limite di un grande prato, all’angolo fra via Cavalline e via Pozzo dell’Amore. Lo avevo fotografato nel Novembre di cinque anni fa con l’intenzione di servirmene per dipingere un quadro. Però solo questa estate mi sono decisa a realizzarlo: quando ho scoperto che era destinato ad essere sacrificato al dio Sole, assieme ad un nespolo giapponese, un fico, due ulivi.
A Cavaion lo sfregio del paesaggio causato dalla incessante, insensata, disgustosa cementificazione continua nell’indifferenza generale, sembra che i cavaionesi siano vittime della sindrome di Stoccolma. E’ da una ventina d’anni che si persevera nell’edificazione intensiva random, nella assoluta assenza di una pianificazione delle zone di espansione, non di sviluppo come si ama dire nel palazzo, del paese nel rispetto e valorizzazione delle sue peculiarità, accompagnata dalle necessarie infrastrutture e gli indispensabili servizi.
Il prato del kaki non esiste più, lì si sta costruendo un condominio, battezzato “Residenza Solare”, gemellato con il “Borgo del Sole”. Un enorme bubbone in una zona dove sorgono villette di un piano. Un enorme bubbone che deturperà il panorama e la visione prospettica.
E’ mai possibile che non si possano modulare gli indici di fabbricabilità tenendo conto delle caratteristiche esistenti in zone nelle quali si intendono rendere edificabili nuove aree?
Il kaki, nel suo paese d’origine, viene chiamato l’Albero dalle sette virtù, una di queste è che offre una buona legna da ardere, evidentemente il proprietario conosceva già le altre sei[1] e ha pensato bene di trovare motivo per abbatterlo.
Il kaki, in Giappone, è stato definito Albero della pace.
Nei primi giorni di Agosto del 1945 gli Stati Uniti lanciarono su quel Paese due bombe atomiche, il 6 su Hiroshima ed il 9 su Nagasaki. Ad ognuno di questi due orrendi strumenti di morte venne affibbiato un soprannome: Little Boy (bambino) all’atomica destinata a distruggere Hiroshima e Fat Man (ciccione, grassone) a quella avente come obiettivo Nagasaki. Ebbene alla devastante forza di Fat Man sopravvissero alcuni kaki, per questo furono chiamati, appunto, alberi della pace.
A quanto pare, la forza distruttrice della bomba cavaionese, supera quella del Fat Man statunitense.
Per concludere vorrei riportare la parte finale di una intervista a Salvatore Settis, condotta da Gabriele Salari, pubblicata su Famiglia Cristiana (30 Novembre 2012). L’occasione era la pubblicazione di Azione Popolare (Einaudi Editore), l’ultima fatica del Professore.
Passa del tutto inosservato nella stagione che segna il risveglio della natura ed in quella che ad essa succede, l’estate. Ma appena arriva l’autunno ecco che le sue foglie a poco a poco trasformano il loro verde scuro in una meravigliosa varietà di sfumature che vanno dal marrone e arrivano al giallo brillante passando per un arancione che ricorda il sole al tramonto.
Non appena la fulva chioma del kaki comincia a diradarsi e le foglie, cadendo ai suoi piedi, formano un soffice tappeto, fanno capolino i frutti: gialle sfere abbarbicate ai rami che ne saranno l’unico e meraviglioso ornamento quando saranno completamente spogli. Solo un albero dell’estremo oriente può raggiungere tanta bellezza come risultato di una sottrazione, offrendoci frutti dal sapore delicato, gli unici a maturare in inverno, naturalmente dalle nostre parti.
E’ un albero fortemente presente nella cultura contadina, assieme al fico. Presente nei giardini, negli orti di un tempo. I suoi frutti non si compravano, semplicemente si coglievano o si ricevevano in regalo, come del resto i fichi.
A Cavaion ne esistono alcuni esemplari. Mi aveva colpito in modo particolare quello ben curato e sicuramente non giovanissimo, che si ergeva maestoso al limite di un grande prato, all’angolo fra via Cavalline e via Pozzo dell’Amore. Lo avevo fotografato nel Novembre di cinque anni fa con l’intenzione di servirmene per dipingere un quadro. Però solo questa estate mi sono decisa a realizzarlo: quando ho scoperto che era destinato ad essere sacrificato al dio Sole, assieme ad un nespolo giapponese, un fico, due ulivi.
A Cavaion lo sfregio del paesaggio causato dalla incessante, insensata, disgustosa cementificazione continua nell’indifferenza generale, sembra che i cavaionesi siano vittime della sindrome di Stoccolma. E’ da una ventina d’anni che si persevera nell’edificazione intensiva random, nella assoluta assenza di una pianificazione delle zone di espansione, non di sviluppo come si ama dire nel palazzo, del paese nel rispetto e valorizzazione delle sue peculiarità, accompagnata dalle necessarie infrastrutture e gli indispensabili servizi.
Il prato del kaki non esiste più, lì si sta costruendo un condominio, battezzato “Residenza Solare”, gemellato con il “Borgo del Sole”. Un enorme bubbone in una zona dove sorgono villette di un piano. Un enorme bubbone che deturperà il panorama e la visione prospettica.
E’ mai possibile che non si possano modulare gli indici di fabbricabilità tenendo conto delle caratteristiche esistenti in zone nelle quali si intendono rendere edificabili nuove aree?
Il kaki, nel suo paese d’origine, viene chiamato l’Albero dalle sette virtù, una di queste è che offre una buona legna da ardere, evidentemente il proprietario conosceva già le altre sei[1] e ha pensato bene di trovare motivo per abbatterlo.
Il kaki, in Giappone, è stato definito Albero della pace.
Nei primi giorni di Agosto del 1945 gli Stati Uniti lanciarono su quel Paese due bombe atomiche, il 6 su Hiroshima ed il 9 su Nagasaki. Ad ognuno di questi due orrendi strumenti di morte venne affibbiato un soprannome: Little Boy (bambino) all’atomica destinata a distruggere Hiroshima e Fat Man (ciccione, grassone) a quella avente come obiettivo Nagasaki. Ebbene alla devastante forza di Fat Man sopravvissero alcuni kaki, per questo furono chiamati, appunto, alberi della pace.
A quanto pare, la forza distruttrice della bomba cavaionese, supera quella del Fat Man statunitense.
Per concludere vorrei riportare la parte finale di una intervista a Salvatore Settis, condotta da Gabriele Salari, pubblicata su Famiglia Cristiana (30 Novembre 2012). L’occasione era la pubblicazione di Azione Popolare (Einaudi Editore), l’ultima fatica del Professore.
Salari: Qual è un testo da rileggere sempre attuale oltre alla Costituzione?
Settis: «La Costituzione Apostolica “Quae publice utilia et decora” di Gregorio XIII, del 1574. Nel testo si proclama sin dalle prime righe l’assoluta priorità del bene e del decoro pubblico sulle cupiditates e sui commoda (interessi, profitti) dei privati, sottoponendo a rigoroso controllo l’attività edilizia di tutti i privati, compresi gli ecclesiastici. Scritta in un bellissimo latino curiale, rifacendosi al diritto romano, stabilisce l’assoluta priorità del bene comune. Le leggi che vengono emanate ancora oggi in Cina e India partono da lì. D’altronde, non è un Papa qualunque Gregorio XIII, ma colui che introduce il calendario che oggi è usato in tutto il mondo».
Settis: «La Costituzione Apostolica “Quae publice utilia et decora” di Gregorio XIII, del 1574. Nel testo si proclama sin dalle prime righe l’assoluta priorità del bene e del decoro pubblico sulle cupiditates e sui commoda (interessi, profitti) dei privati, sottoponendo a rigoroso controllo l’attività edilizia di tutti i privati, compresi gli ecclesiastici. Scritta in un bellissimo latino curiale, rifacendosi al diritto romano, stabilisce l’assoluta priorità del bene comune. Le leggi che vengono emanate ancora oggi in Cina e India partono da lì. D’altronde, non è un Papa qualunque Gregorio XIII, ma colui che introduce il calendario che oggi è usato in tutto il mondo».
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[1]Vive a lungo (non quello di Cavaion), Offre una grande ombra, Fra i suoi rami ospita nidi di uccellini, Non viene attaccato da parassiti, Le sue foglie, in autunno, sono decorative, Le sue foglie sono un ottimo concime.
Firmato
Adriana Bozzetto – una
extra comunitaria