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martedì 20 gennaio 2015

Discorso di Papa Francesco alla Curia Romana

La Curia Romana e il Corpo di Cristo
Lunedì, 22 dicembre 2014

 “Tu sei sopra i cherubini, tu che hai cambiato la miserabile condizione del mondo quando ti sei
fatto come noi
” (Sant'Atanasio)

Cari fratelli,
Al termine dell’Avvento ci incontriamo per i tradizionali saluti. Tra qualche giorno avremo la gioia di
celebrare il Natale del Signore; l’evento di Dio che si fa uomo per salvare gli uomini; la
manifestazione dell’amore di Dio che non si limita a darci qualcosa o a inviarci qualche messaggio
o taluni messaggeri ma dona a noi sé stesso; il mistero di Dio che prende su di sé la nostra
condizione umana e i nostri peccati per rivelarci la sua Vita divina, la sua grazia immensa e il suo
perdono gratuito. E’ l’appuntamento con Dio che nasce nella povertà della grotta di Betlemme per
insegnarci la potenza dell’umiltà. Infatti, il Natale è anche la festa della luce che non viene accolta
dalla gente “eletta” ma dalla gente povera e semplice che aspettava la salvezza del Signore.

Innanzitutto, vorrei augurare a tutti voi - collaboratori, fratelli e sorelle, Rappresentanti pontifici
sparsi per il mondo - e a tutti i vostri cari un santo Natale e un felice Anno Nuovo. Desidero
ringraziarvi cordialmente, per il vostro impegno quotidiano al servizio della Santa Sede, della
Chiesa Cattolica, delle Chiese particolari e del Successore di Pietro.


Essendo noi persone e non numeri o soltanto denominazioni, ricordo in maniera particolare coloro
che, durante questo anno, hanno terminato il loro servizio per raggiunti limiti di età o per aver
assunto altri ruoli oppure perché sono stati chiamati alla Casa del Padre. Anche a tutti loro e ai
loro famigliari va il mio pensiero e gratitudine.

Desidero insieme a voi elevare al Signore un vivo e sentito ringraziamento per l’anno che ci sta
lasciando, per gli eventi vissuti e per tutto il bene che Egli ha voluto generosamente compiere
attraverso il servizio della Santa Sede, chiedendogli umilmente perdono per le mancanze
commesse “in pensieri, parole, opere e omissioni”.

venerdì 8 novembre 2013

Papa Francesco contro la corruzione "L'abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice"

Stamani, durante la Messa celebrata nella Cappellina di Santa Marta, il Papa ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori “pane sporco”, guadagni frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità. 

La parabola dell’amministratore disonesto dà lo spunto al Papa per parlare “dello spirito del mondo, della mondanità”, di “come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia”. Gesù “pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità”. “E’ il nemico”:

“Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi potrà dire: ‘Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!’. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita”.

Nella parabola, il padrone loda l’amministratore disonesto per la sua furbizia:

“Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. E’ un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”.