martedì 11 dicembre 2012

CAVAION VERONESE Calendario 2013 "In memoria di un kaki" - Gru senza ali 4

"Vive le Roi Soleil de Cavaion!" 

 



IN MEMORIA DI UN KAKI
Il Kaki è un albero da frutto originario della Cina e sembra essere fra i più antichi coltivati dall’uomo, da oltre 2000 anni.
Passa del tutto inosservato nella stagione che segna il risveglio della natura ed in quella che ad essa succede, l’estate. Ma appena arriva l’autunno ecco che le sue foglie a poco a poco trasformano il loro verde scuro in una meravigliosa varietà di sfumature che vanno dal marrone e arrivano al giallo brillante passando per un arancione che ricorda il sole al tramonto.
Non appena la fulva chioma del kaki comincia a diradarsi e le foglie, cadendo  ai suoi piedi, formano un soffice tappeto, fanno capolino i frutti: gialle sfere abbarbicate ai rami che ne saranno l’unico e meraviglioso ornamento quando saranno completamente spogli. Solo un albero dell’estremo oriente può raggiungere tanta bellezza come risultato di una sottrazione, offrendoci frutti dal sapore delicato, gli unici a maturare in inverno, naturalmente dalle nostre parti.

E’ un albero fortemente presente nella cultura contadina, assieme al fico. Presente nei giardini, negli orti di un tempo. I suoi frutti non si compravano, semplicemente si coglievano o si ricevevano in regalo, come del resto i fichi.

A Cavaion ne esistono alcuni esemplari. Mi aveva colpito in modo particolare quello ben curato e sicuramente non giovanissimo, che si ergeva maestoso al limite di un grande prato, all’angolo fra via Cavalline  e via Pozzo dell’Amore. Lo avevo fotografato nel Novembre di cinque anni fa con l’intenzione di servirmene per dipingere un  quadro. Però solo questa estate mi sono decisa a realizzarlo: quando ho scoperto che era destinato ad essere sacrificato al dio Sole, assieme ad un nespolo giapponese, un fico, due ulivi.

A Cavaion lo sfregio del paesaggio causato dalla incessante, insensata, disgustosa cementificazione continua nell’indifferenza generale, sembra che i cavaionesi siano vittime della sindrome di Stoccolma. E’ da una ventina d’anni che si persevera nell’edificazione intensiva random, nella assoluta assenza di una pianificazione delle zone di espansione, non di sviluppo come si ama dire nel palazzo, del paese nel rispetto e valorizzazione delle sue peculiarità, accompagnata dalle necessarie infrastrutture e gli indispensabili servizi.

Il prato del kaki non esiste più, lì si sta costruendo un condominio, battezzato “Residenza Solare”, gemellato con il “Borgo del Sole”. Un enorme bubbone in una zona dove sorgono villette di un piano. Un enorme bubbone che deturperà il panorama e la visione prospettica.
E’ mai possibile che non si possano modulare gli indici di fabbricabilità tenendo conto delle caratteristiche esistenti in zone nelle quali si intendono rendere edificabili nuove aree?

Il kaki, nel suo paese d’origine, viene chiamato l’Albero dalle sette virtù, una di queste è che offre una buona legna da ardere, evidentemente il proprietario conosceva già le altre sei[1] e ha pensato bene di trovare motivo per abbatterlo.

Il kaki, in Giappone, è stato definito Albero della pace.
Nei primi giorni di Agosto del 1945 gli Stati Uniti lanciarono su quel Paese due bombe atomiche, il 6 su Hiroshima ed il 9 su Nagasaki. Ad ognuno di questi due orrendi strumenti di morte venne affibbiato un soprannome: Little Boy (bambino) all’atomica destinata a distruggere Hiroshima e Fat Man (ciccione, grassone) a quella avente come obiettivo Nagasaki. Ebbene alla devastante forza di Fat Man sopravvissero alcuni kaki, per questo furono chiamati, appunto, alberi della pace.

A quanto pare, la forza distruttrice della bomba cavaionese, supera quella del Fat Man statunitense.

Per concludere vorrei riportare la parte finale di una intervista a Salvatore Settis, condotta da Gabriele Salari, pubblicata su Famiglia Cristiana (30 Novembre 2012). L’occasione era la pubblicazione di Azione Popolare (Einaudi Editore), l’ultima fatica del Professore.

Salari: Qual è un testo da rileggere sempre attuale oltre alla Costituzione?
Settis: «La Costituzione Apostolica “Quae publice utilia et decora” di Gregorio XIII, del 1574. Nel testo si proclama sin dalle prime righe l’assoluta priorità del bene e del decoro pubblico sulle cupiditates e sui commoda (interessi, profitti) dei privati, sottoponendo a rigoroso controllo l’attività edilizia di tutti i privati, compresi gli ecclesiastici. Scritta in un bellissimo latino curiale, rifacendosi al diritto romano, stabilisce l’assoluta priorità del bene comune. Le leggi che vengono emanate ancora oggi in Cina e India partono da lì. D’altronde, non è un Papa qualunque Gregorio XIII, ma colui che introduce il calendario che oggi è usato in tutto il mondo».
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[1]Vive a lungo (non quello di Cavaion), Offre una grande ombra, Fra i suoi rami ospita nidi di uccellini, Non viene attaccato da parassiti, Le sue foglie, in autunno, sono decorative, Le sue foglie sono un ottimo concime.


Firmato
Adriana Bozzetto – una extra comunitaria 

domenica 9 dicembre 2012

Il Garda va salvato da mafia, TAV e cemento. Parola di Vittorio Messori.

Articolo de il Corriere del Garda di Alessandro Gatta del 03 luglio 2012 

Vittorio Messori
Qualcosa non quadra lungo i paesaggi paradisiaci che circondano il lago di Garda. Dalla sponda veronese a quella bresciana, e quel cemento di troppo che in particolare nei dintorni di Desenzano, e nelle aree adiacenti alle Colline, Valtenesi compresa. Chi scrive abita qui da poco meno di 20 anni, dopo una breve esperienza milanese: il professor Vittorio Messori a Milano ha di certo vissuto di più, ha studiato e conosciuto pure Torino, ora dagli anni ’90 risiede a Desenzano, e scrive e lavora a Maguzzano, nella storica abbazia. Il colpo d’occhio parla chiaro, panoramico o no. “Mi ritengo un immigrato volontario – ci racconta il professore – Ho scelto di trasferirmi qui, con mia moglie, pur non avendo parenti o amici di vecchia data, semplicemente perché attirato dalla bellezza del luogo. Ma mi accorgo che è una sofferenza, vedere che questo paesaggio che oltre a me nei secoli ha attirato infinite altre persone, anno dopo anno si degrada, subisce una dubbia edilizia, l’edilizia delle case sparse nella campagna, l’edilizia delle seconde case. Io le chiamo conigliere, le conigliere del Garda: e al territorio non portano nulla, abitate si e no due settimane all’anno attirano solo i ladri. Chi ci vive, bavarese o bresciano che sia, si porta pure l’acqua minerale da casa. Ai gardesani l’ho detto e lo ripeto, state attenti! State distruggendo il vostro territorio, state sperperando e scialacquando il vostro patrimonio”.

Un patrimonio paesaggistico naturale che negli ultimi anni ha subito trasformazioni evidentissime. Un consumo di suolo e di territorio che non ha eguali nell’Italia degli anni ’90: “Dobbiamo essere realisti – continua Messori – il consumo del territorio deve essere fermato. Non possiamo permettere che questa edilizia, anche di cattiva qualità, continui ad allargarsi, a macchia d’olio. Io abito a Desenzano, da quando mi sono trasferito la città ha raggiunto i 30mila abitanti, è la seconda della Provincia. Senza dimenticare le centinaia, forse migliaia di seconde case. Ovviamente la nostra non è una dittatura, non possiamo impedire alla gente di trasferirsi qui. Nonostante lo scempio il Garda è ancora appetitoso. Ma dobbiamo conciliare questa crescita inarrestabile con la necessità di salvare il territorio, e trovare al più presto un punto di equilibrio”. I suoi articoli, pubblicati di recente anche dal Corriere, non sono piaciuti proprio a tutti. Tanto che in molti si sono stupiti (o almeno lo hanno fatto credere) quando il buon Messori è stato minacciato, più e più volte. “Mi sono molto esposto, e continuerò a farlo. Per salvare la campagna che ancora oggi miracolosamente resiste intorno all’abbazia di Maguzzano: terreni che fanno parte del paesaggio e della storia, una storia millenaria del libero Comune monastico amministrato da un frate e da cinque contadini, eletti dai loro compagni. Ho fatto articoli, interviste, inchieste, mi sono battuto affinché questa bellezza e questo verde fosse salvaguardato dalle costruzioni. Una zona ancora libera, e dunque molto preziosa: è chiaro che la trasformazione di un terreno da agricolo a edificabile significa poter moltiplicare per il mille il valore del terreno stesso. Una cosa è coltivare mais, un’altra è poterci costruire”. Ed ecco allora le minacce, ripetute: lettere anonime e minatorie, vetri dell’auto spaccati, telefonate notturne.

“Non voglio fare il martire, e nemmeno l’eroe. Ma le minacce erano concrete e pesanti, mi raccomandavano di farmi i fatti miei. Questa è il modo di fare della mafia, e me lo ha confermato anche il Questore di Brescia, non appena i giornali pubblicarono la mia storia. Mi ha detto di stare molto attento, e che effettivamente ci sono degli interessi mafiosi molto forti per quella zona, proponendomi perfino una scorta. Ma se devo morire, preferisco farlo da uomo libero”. La Digos è poi arrivata, i giornali locali ne hanno parlato ancora, le minacce al momento sembrano concluse. Perché le mafie “preferiscono agire nell’ombra” e gli interessi sono così alti che “non ci sono solo i mafiosi, ma ci sono anche certi agricoltori”.
Vittorio Messori sembra accerchiato, per fortuna non è sempre così. “Certo non sono molto amato – sorride – la mafia mi minaccia, la gente del posto non sempre mi guarda in modo entusiasta. Ma sono contento di poter lavorare a fianco di Gabriele Lovisetto, segretario del Comitato Colline Moreniche (presto Consorzio) che ha sede proprio nell’abbazia, proprio accanto al mio studio. Stiamo parlando di un vero missionario, che fa un’opera preziosa, spesso anche da solo. Un missionario che si batte per la difesa di quanto resta della bellezza gardesana, ammiro molto il suo impegno totale, e per il tutto il territorio. Non mi ritengo un ambientalista o un verde, spesso sono categorie di estremisti, quasi fanatici, che fanno più danni che benefici. Credo che invece Lovisetto e i suoi amici siano mossi dal buon senso, non si vuole bloccare tutto senza riflettere, si vuole semplicemente conciliare il doveroso progresso con la salvaguardia dell’ambiente”.


“Parlando di progresso ecco che si avvicina la TAV, che passerà da Brescia, passerà dal Garda e dalle Colline Moreniche, sfiorando la Lugana e i vigneti. “Meglio essere chiari, in un Paese sovraffollato come l’Italia un treno ad alta velocità non ha senso di esistere. Solo da Milano a Venezia ci sono almeno sette città importanti, una ogni 50 chilometri: non vedo quindi a cosa possa servire un treno che fa i 300 all’ora. Un conto sono le pianure siberiane della Russia, un conto è il deserto spagnolo, da Madrid a Saragozza e da Saragozza a Barcellona. Là non c’è niente davvero, non c’è neanche una casa”. Il progetto però si farà, nonostante le critiche e nonostante le polemiche: “Se si deve fare, meglio farlo provocando meno danni possibili. In questo ha ancora ragione il Comitato, il progetto va spostato, magari più a sud. La preziosità delle Colline Moreniche deve essere tutelata. E attenti ai cantieri, e alle gallerie. Rischiano di sconvolgere tutto il sistema idrico che alimenta il Garda“.