FINANZA LOCALE SINDACI IN AFFANNO da Il Sole 24 Ore del 01 dicembre
Oltre la metà dei comuni ha i conti in disavanzo
PADOVA Gianni Trovati «Dateci il 20% dell'Irpef e vi solleveremo il mondo». L'avvio in pompa magna del cantiere attuativo del federalismo fiscale ha messo in ombra il movimento dei «sindaci dell'Irpef», che non a caso era nato in Veneto e aveva dilagato tra i mugugni degli amministratori leghisti: da queste parti l'autonomia fiscale risolverebbe un monte di problemi che, nella lunga attesa della riforma, cominciano a diventare sempre più evidenti nei bilanci locali. Il Veneto è la regione con il più alto tasso di sforamento dei vincoli di finanza pubblica (più del 10% dei comuni sopra i 5mila abitanti ha sforato il patto nel 2009), ma anche dove lo statuto autonomo di Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia evita il problema sono sempre più numerosi i bilanci locali che zoppicano, colpiti da un fenomeno semplice: le entrate correnti stabili (tributi, tariffe e trasferimenti) sono state frenate dal blocco della leva fiscale e dall'addio all'Ici sull'abitazione principale, mentre le spese correnti sono andate avanti per la loro strada e hanno complicato anche gli assestamenti. Risultato: dei 1.109 comuni dell'area che hanno trasmesso i certificati dell'ultimo preventivo al database del Viminale pubblicato da poco sul sito del ministero (su un totale di 1.133 comuni delle tre regioni del Nord-Est), in 559 (cioè il 50,4%) hanno registrato uno squilibrio più o meno importante nelle partite correnti. In qualche raro caso, uno squilibrio episodico può essere dovuto a uno sforzo per estinguere in anticipo i mutui, ma in totale, il "rosso" supera i 165 milioni di euro, e vale quindi poco più di 35 euro per ogni abitante di questi 559 comuni. I record della zona si incontrano a Teolo (Padova), Cavaion (Verona) e Faver (Trento), dove circa un sesto delle uscite deve essere coperto con qualche entrata straordinaria, mentre il Friuli-Venezia Giulia e la Provincia di Bolzano sono quasi immuni dal problema. Fino a ieri, la soluzione era relativamente semplice, perché tra le entrate straordinarie che potevano entrare in campo a riequilibrare i conti c'era il 75% degli oneri prodotti dai permessi di costruire. Il meccanismo, figlio di una deroga rinnovata di anno in anno (gli oneri sono un'entrata straordinaria, e non dovrebbero finanziare uscite abituali), non piace però al governo, anche perché nel lungo periodo "droga" i conti locali e li rende sempre più dipendenti dal nuovo mattone. Un primo tentativo di far sopravvivere la deroga anche per i prossimi tre anni si è scontrato contro il «no» della commissione bilancio della Camera, e l'ultima chance è ora il tradizionale «milleproroghe» di fine anno. Se il governo dovesse confermare la linea del rigore, per molti sindaci far quadrare i conti si trasformerà in un'impresa spericolata. Il tema impegna anche le grandi città. Venezia, che deve fare i conti con un casinò sempre meno generoso e non può introdurre l'addizionale Irpef perché il blocco nazionale delle aliquote l'ha colta con il prelievo a zero, già nel 2010 ha dovuto coprire con entrate extra quasi 26 milioni (il 5% delle spese) e guarda con preoccupazione un patto di stabilità che minaccia di aumentare di 16 milioni l'obiettivo di bilancio per l'anno prossimo. Verona, Trieste e Trento mostrano uno squilibrio corrente fra il 3,5 e il 4,4%, mentre a Bassano si arriva al 4,7% e a Castelfranco al 5,6 per cento. Numeri che destano più di una preoccupazione, ma che rimangono lontani dai casi limite come quello di Cavaion, che avendo sforato il patto nel 2009 avrebbe dovuto tagliare di quasi un milione la spesa come prevedono le sanzioni imposte dalla legge nazionale: il comune, però, si è rifiutato di farlo in nome del «mantenimento della qualità nei servizi». gianni.trovati@ilsole24ore.com
Mercoledí 01 Dicembre 2010
Mercoledí 01 Dicembre 2010
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